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Dr Giuseppe Fanara
04 apr 2022
In Servizi in Farmacia
L'holter cardiaco, o elettrocardiogramma dinamico è un particolare tipo di esame che permette di monitorare l’attività cardiaca nell'arco delle 24-48 ore, grazie all'impiego di un apparecchio medicale portatile alimentato a batteria. Quando viene prescritto? La sua esecuzione viene spesso consigliata dopo una visita medica, per l’individuazione di ischemie, aritmie cardiache o dei disturbi di conduzione, che in molti casi non sono clinicamente evidenziabili con un elettrocardiogramma. Il registratore holter è leggero, piccolo, facile da indossare sotto agli abiti e la sua installazione è veloce, indolore e soprattutto non invasiva. Quanto tempo richiede l'esame? Se il tuo medico ti ha prescritto un holter, vieni a trovarci in Farmacia e prendi un appuntamento. L’applicazione del dispositivo dura generalmente 10-15 minuti e deve essere “indossato” dal paziente per 24 o 48 ore a seconda della richiesta del medico. La consegna del referto avente piena validità medico legale, avverrà entro 48 ore dalla riconsegna dello strumento.
Prendi a cuore il tuo cuore…fai prevenzione con l’holter cardiaco content media
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Dr Giuseppe Fanara
04 apr 2022
In Servizi in Farmacia
L’holter pressorio è un esame non invasivo e indolore che consente di monitorare l’andamento della pressione arteriosa nel corso di 24 ore. I valori della pressione arteriosa, infatti, sono soggetti a variazioni fisiologiche dovute a diversi fattori fra i quali attività fisica, alimentazione, sonno, o stati transitori di nervosismo o rabbia, ma la funzione primaria del test è quella di identificare le fluttuazioni anomale dei valori pressori caratterizzate da sbalzi improvvisi e marcati verso l’alto o verso il basso. La maggior parte dei pazienti a cui viene prescritto l’holter pressorio presentano sintomi quali ipertensione o ipotensione, aritmie, problematiche legate a persistenti situazioni di stress o ansia. L’esame viene consigliato anche a pazienti già sottoposti a terapia farmacologica perché ipertesi, ipotesi o soggetti a problematiche cardiocircolatorie: tramite l’holter, infatti, il medico è in grado di valutar gli effetti della terapia. L’holter pressorio, viene prescritto poi a persone soggette alla cosiddetta “ipertensione da camice bianco”, ovvero a coloro che, essendo particolarmente emotivi, entrano in stato di agitazione durante la misurazione della pressione, rischiando così di alterare i valori della prova. Il test è utilizzato inoltre, per verificare l’andamento pressorio degli atleti durante l’attività sportiva. COME FUNZIONA L’HOLTER PRESSORIO Al paziente che deve effettuare l’holter pressorio viene applicato uno sfigmomanometro portatile, molto simile a quello utilizzato per misurare la pressione, ma la cui attivazione avviene automaticamente ogni 15 minuti. Lo strumento tiene in memoria tutte le misurazioni effettuate nel corso delle 24 ore. L’installazione dello strumento risulta veloce e indolore: al paziente viene applicata una fascia gonfiabile al braccio e il misuratore viene collocato in una tasca agganciata ad una tracolla. Nel corso delle 24 ore non è consentito fare docce o bagni. PREPARAZIONE ALL’ESAME Per poter applicare agevolmente lo sfigmomanometro e gestirlo al meglio nelle successive ore, si consiglia al paziente indossare indumenti, ed in particolare magliette o maglioni, comodi e facili da sfilare: questo anche al fine di evitare urti allo strumento nelle 24 ore in cui effettuerà le misurazioni. ESITI DELL’ESAME Decorse 24 ore dall’applicazione dello sfigmomanometro, il paziente deve tornare in farmacia. Dopo aver tolto il misuratore applicato i dati memorizzati vengono trasmessi in via telematica ad un cardiologo. Entro 24/48 ore dall’inoltro del tracciato il medico invia alla nostra farmacia il referto che poi sarà consegnato personalmente al paziente o trasmesso allo stesso via e-mail.
Perchè è importante fare un esame Holter Pressorio content media
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Dr Giuseppe Fanara
31 mar 2022
In Servizi in Farmacia
Hai mai fatto un elettrocardiogramma? L’elettrocardiogramma (ECG) è la registrazione grafica dell’attività elettrica del cuore durante il suo funzionamento, raccolta per mezzo di elettrodi. È un esame non invasivo che si fa in pochi minuti. Cosa registra l’ECG? Le variazioni che si verificano durante la contrazione cardiaca (sistole) e di rilasciamento (diastole) degli atri e dei ventricoli durante il suo funzionamento. Tale registrazione avviene per mezzo degli elettrodi che vengono posizionati sopra la superficie del corpo. Introdotto nel 1903 da Willem Einthoven, fisiologo olandese che per questa sua invenzione si meritò il Premio Nobel, l’ECG costituisce ancora oggi il metodo diagnostico per eccellenza di tutte le aritmie. Grazie alle informazioni che si hanno con l’elettrocardiogramma, è possibile rilevare la presenza di disturbi del ritmo cardiaco o della propagazione dell’impulso elettrico, che provoca la depolarizzazione delle fibre muscolari (alterazioni della conduzione) e di alterazioni miocardiche conseguenti a sofferenza ischemica (coronaropatie). È importantissimo monitorare l’attività elettrica della “pompa” del nostro organismo, un muscolo vitale che può “perdere” colpi con l’età o a causa di fattori eterogenei quali infezioni, familiarità, stress eccessivo, obesità, ipercolesterolemia, malattie croniche di tipo infiammatorio e autoimmune (come artrite o lupus), per fumo o alcol, diabete, ecc. Quando l’ECG è fondamentale per rilevare anomalie? L’elettrocardiogramma è un esame semplice ma fondamentale per rilevare la presenza di anomalie, e la novità è che ora lo puoi fare anche in farmacia, su prenotazione. Con l’ECG si possono riconoscere una serie di anomalie cardiache, quali: – angina pectoris; – aritmie; – cardiopatia ischemica nelle sue varie forme cliniche; – disturbi di conduzione; – infarto miocardico; – malattie delle valvole cardiache; – scompenso cardiaco. Inoltre, l’elettrocardiogramma può essere utilizzato per valutare lo stato del muscolo cardiaco, in caso, per esempio, di malattia arteriosclerotica o nell’ipertensione arteriosa o per mettere in luce piccoli disturbi metabolici come squilibri elettrolitici. Quando è giusto fare un controllo al cuore? Una buona prevenzione consiglia di sottoporsi a una visita cardiologica e a un elettrocardiogramma dopo i 45 anni d’età. Intorno ai cinquant’anni sarebbe bene fare qualche indagine in più, a partire dall’elettrocardiogramma per valutare l’attività cardiaca, associando l’ECG a un’ecografia delle carotidi: si tratta di un test non invasivo, che rivela informazioni sullo stato delle arterie e l’eventuale presenza di placche aterosclerotiche, responsabili di una maggiore probabilità di ischemia. È consigliabile eventualmente effettuare anche il test da sforzo, cioè l’elettrocardiogramma eseguito mentre si pedala su una cyclette o si cammina/corre su un tapis roulant. Come ci si prepara a un elettrocardiogramma e come si fa? L’ECG è indolore e non necessita di alcuna preparazione specifica. Al paziente vengono applicati dei piccoli elettrodi, ovvero delle placchette di metallo che fungono da conduttori degli impulsi elettrici, su torace, gambe e braccia. Gli elettrodi sono collegati tramite fili a uno strumento che traccia su un grafico l’attività elettrica del cuore per alcuni minuti. Sarà sufficiente presentarsi senza creme o oli sulla pelle, e in una ventina di minuti l’esame sarà terminato. Il referto dell’ECG è redatto da uno specialista cardiologo, ma è sempre bene che venga sottoposto all’attenzione del medico di base che, se riterrà opportuno, prescriverà una visita cardiologica e uno screening approfondito. La prevenzione è anche informazione Uno degli aspetti della vera prevenzione, oltre a uno stile di vita sano, è anche l’informazione, ovvero saper riconoscere quali sono i sintomi di un infarto. Ancora oggi circa un paziente su tre colpito da infarto muore prima di arrivare in Pronto Soccorso perché la manifestazione del problema cardiaco prende il paziente stesso e chi gli sta intorno all’improvviso. Solitamente nei giorni precedenti l’infarto qualche avvisaglia si verifica, ma molto spesso non viene letta nel modo adeguato dalla persona, che tende a scambiare tali dolori o fastidi per stress, problemi reumatici o gastrici: rivolgersi al medico in tempo e pensare che abbiamo un cuore che è la pompa vitale del nostro organismo, ci potrebbe aiutare a intervenire tempestivamente. Quando un dolore toracico si manifesta in maniera persistente, che significa per almeno 15-20 minuti, ed è bruciante, penetrante, avvertito come se avessimo una morsa o un peso sullo stomaco, anche se poi passa, è bene non prenderlo sottogamba e farsi visitare al più presto. Potrebbe essere il segnale di un infarto. Come prenotare un ECG ? Chiamaci in farmacia o contattaci tramite WhatsApp. Puoi prenotare autonomamente tramite il nostro sito internet.
Elettrocardiogramma in farmacia: quando fare un controllo al cuore? content media
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Dr Giuseppe Fanara
15 lug 2020
In Miscellanea
Molti l’hanno definita la malattia del XXI secolo eppure, la celiachia è una malattia che colpisce gli uomini da migliaia di anni: si hanno tracce di sintomi simili fin dal II secolo d.C ed una prima descrizione moderna è stata fornita dal pediatra Samuel Gee nel 1887. La celiachia, cos’è? Constatato che la celiachia non è una malattia sviluppatasi negli ultimi decenni, possiamo darne una definizione precisa. La celiachia è una malattia permanente su base infiammatoria, causata da una reazione autoimmune al glutine. Quando una persona che soffre di questa patologia assume glutine (contenuto in cereali some grano, orzo e segale), le cellule del sistema immunitario si attivano e per proteggere l’organismo, attaccano le mucose dell’intestino tenue, danneggiando le strutture responsabili dell’assorbimento dei nutrienti. La celiachia è una delle forme di intolleranze alimentari più diffuse al mondo, si stima che circa l’1% della popolazione ne soffra. Un dato statistico interessante dimostra che sia più frequente tra le donne e che colpisca principalmente le popolazione occidentali. Quali sono le cause della celiachia? Tra le cause vi è sicuramente una predisposizione genetica, infatti uno studio condotto sui familiari dei pazienti ha evidenziato una prevalenza di intolleranza del 10% tra i familiari di primo grado. Ciò che è interessante notare, è che l’età di esordio della celiachia varia da persona a persona e gli esperti affermano che la malattia si manifesta in età avanzata quando concorrono almeno tre fattori: una predisposizione genetica, un’alimentazione ricca di glutine e la comparsa di fattori scatenanti (come stress fisico e psicologico, infezioni virali, gravidanza e interventi chirurgici). Tipologie e sintomi Esistono diverse tipologie di celiachia: sintomatica, atipica, silente e potenziale. I sintomi della celiachia sono spesso scambiati con quelli della sindrome dell’intestino irritabile, perché presentano dolore addominale forte con crampi e dolori, spesso accompagnato da una conseguente distensione addominale e, talvolta nei casi più gravi, anche ulcere alla bocca. Dato che l’organismo non riconosce il glutine come una sostanza nutritiva, cerca di eliminarlo nel minor tempo possibile tramite la diarrea. Trattamento Il trattamento più efficace contro la celiachia è adattare la propria dieta quotidiana alla propria condizione. Un’alimentazione priva di glutine e molto rigorosa è necessaria per evitare di sottoporre l’organismo a stress. Seguendo un regime alimentare speciale, per cui è importante conoscere gli alimenti contenenti glutine ed essere seguiti da un dietista, si eliminano definitivamente tutti i sintomi collegati a questa fastidiosa patologia. 
Celiachia, una malattia molto comune content media
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Dr Giuseppe Fanara
01 giu 2020
In Farmaci e Terapie
Abbiamo già visto che, con l’arrivo della bella stagione sono in agguato anche alcuni fastidi tipici della primavera, tra questi vi è sicuramente l’allergia ai pollini. Gran parte della popolazione italiana soffre di un disturbo allergico ai pollini, che si manifesta con cadenze regolari dettate dalla fioritura e dal processo riproduttivo di determinate piante. Per questo motivo è del tutto normale notare che durante la stagione primaverile sempre più persone presentino sintomi comuni. I sintomi dovuti all’allergia ai pollini sono svariati e possono variare da soggetto a soggetto. Lacrimazione, congiuntivite, starnuti ripetuti, congestione nasale, difficoltà respiratoria ed asma, tosse secca, cefalea, bruciore al palato, orticaria o dermatite sono solo alcuni dei sintomi più frequenti e che possono debilitare il nostro organismo. Cosa succede al nostro corpo durante l’allergia ai pollini? l corpo umano è una macchina quasi perfetta, programmata per “resistere agli attacchi patogeni” e per proteggerci ed è infatti questo che il nostro organismo cerca di fare quando si è allergici. Di fatto, il nostro sistema immunitario reagisce ad uno o più tipi di pollini, entrati in contatto con le vie respiratorie, producendo le IgE (una tipologia di anticorpi) che cercano di eliminare le sostanze a cui si è allergici. Ed ecco dunque che si manifestano quei fastidiosi sintomi che abbiamo precedentemente elencato. Dunque, l’allergia ai pollini non è altro che una reazione del sistema immunitario che riconosce i pollini quali elementi nocivi. Come si cura e previene? Non tutti sanno che esiste anche un vaccino, o immunoterapia specifica, che prevede la somministrazione di dosi progressivamente maggiori di estratti pollinici. Questa terapia farmacologia deve essere prescritta e controllata da uno specialista, aiuta il soggetto a modificare il comportamento dell’organismo alla presenza di allergeni. Quando si capisce se non si è più allergici? La prognosi è considerata favorevole quando il paziente non presenta alcun disturbo per due anni consecutivi. Certamente questa è la pratica più drastica che pochi soggetti decidono di intraprendere, anche perché è possibile alleviare, se non addirittura arrestare i sintomi dell’allergia ai pollini grazie agli antistaminici. Un ulteriore consiglio è quello di tenere monitorato il calendario delle fioriture (o bollettino pollinico), per attuare una strategia di prevenzione efficace.
Allergia ai pollini, è tempo di proteggersi content media
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Dr Giuseppe Fanara
28 mag 2020
In Miscellanea
Con l’arrivo di Maggio siamo, finalmente, nel pieno della Primavera; ciò significa che è tempo di cambiare alimentazione e scoprire la frutta di stagione di Maggio.  Con i suoi caldi tiepidi e le lunghe giornate, Maggio è il mese perfetto per gustare nuovi frutti succosi, nutrienti e rinfrescanti. E’ tempo di mettere da parte le mele e le pere che abbiamo consumato in gran quantità durante l’inverno, per accogliere frutti come fragole e kiwi, che preparano il nostro organismo alle temperature più calde che ci aspetteranno tra qualche mese e che preparano la nostra pelle all’esposizione dei raggi solari.  Tra i tanti prodotti che caratterizzano questo periodo dell’anno, abbiamo scelto di parlarvi delle proprietà nutrizionali di kiwi e fragole. Fragole per un pieno di gusto Il solo profumo delle fragole fa venire l’acquolina in bocca, se poi ne osserviamo il colore rosso sgargiante non possiamo resistere all’assaggiarne una.  Oltre ad essere molto golose, le fragole vantano numerose proprietà nutrizionali benefiche per il nostro organismo, basta pensare che sono poco caloriche e ricche di fibre. Hanno poteri diuretici, rinfrescanti e depurativi, anche grazie alla presenza di sali vitamina A, B, C e di diversi sali minerali (potassio, ferro, calcio e fosforo).  Una curiosità: non tutti lo sanno, ma le fragole sono ricche di xilitolo, un elemento che rinfresca e previene la formazione della placca. Kiwi, frutta di stagione di Maggio Forse non tutti sanno che un solo kiwi soddisfa il fabbisogno giornaliero di vitamina C. Infatti, questi frutti originari della Cina sono ricchissimi di acido ascorbico, indispensabile per il nostro organismo. Grazie alla presenza di vitamina E, rame e ferro, questo frutto possiede proprietà antisettiche, oltre che dissetanti e diuretiche, grazie alla presenza di numerosi sali minerali (sodio, potassio, ferro, calcio, fosforo, magnesio e vitamina B e C).  Una curiosità: come si riconosce un buon kiwi? Innanzitutto, controllate che la buccia non sia rovinata e sia integra. A questo punto, dovrà risultare sodo al tatto e non troppo duro per poter essere considerato maturo al punto giusto. Ecco dunque un breve articolo sulla frutta di stagione di Maggio, che non può sicuramente mancare nei vostri carrelli della spesa.
La frutta di stagione di Maggio: 2 frutti indispensabili content media
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Dr Giuseppe Fanara
11 mar 2020
In Miscellanea
Sono utili se vengono usate nel modo giusto. Inesperienza, cattive abitudini e qualche falso mito possono rendere le mascherine più un problema che un aiuto. E ci sono precauzioni più importanti da tenere a mente Quella sull'efficacia delle mascherine protettive è una domanda che molti, dalla Cina agli Stati Uniti e all'Europa, negli ultimi giorni si stanno ponendo. Crederle risolutive per il problema del contagio è sbagliato tanto quanto affermare che siano completamente inutili, perché in realtà la scienza e gli esperti ci dicono che molto dipende dal modello specifico, dalla situazione in cui vengono impiegate e soprattutto dal modo in cui le si usa. In alcuni casi, come vedremo, indossarle può addirittura essere controproducente. Due tipi di mascherine contro la trasmissione aerea Sappiano che i virus possono essere trasportati e trasmessi per via aerea, e che il contagio può avvenire anche da persona a persona. In commercio si trovano principalmente due tipologie di mascherina. MASCHERINA CHIRURGICA consiste in un insieme di strati di tessuto-non-tessuto che formano una barriera impenetrabile alle goccioline liquide ma permeabile all’aria, e tipicamente viene agganciata alle orecchie con una piccola banda elastica. Limiti: il tipo di protezione garantito da una mascherina chirurgica non è completo. Difficilmente aderisce perfettamente al volto di chi la indossa, e lascia dunque delle fessure attraverso cui il virus (e non solo) può comunque passare. Per di più, naso e bocca non sono le uniche vie d’accesso attraverso cui il coronavirus può entrare nel corpo umano, ma andrebbero inclusi anche gli occhi e in generale le mucose corporee. Questo genere di mascherina è stata concepita soprattutto per proteggere non chi la sta indossando, ma le persone che stanno intorno. La funzione di schermatura dalle goccioline di saliva, infatti, è adeguata quando questi liquidi escono dalla bocca o dal naso di chi la porta, mentre funziona molto peggio come barriera d’ingresso, proprio per le aperture che inevitabilmente restano. Anche la parte protettiva vera e propria della mascherina dà garanzie molto relative: capace di fermare le goccioline di liquido, è in realtà ben poco efficace con quelle sospensioni più fini in forma di aerosol tipo-nebbia, le quali possono trasportare in generale i virus e in particolare il coronavirus. RESPIRATORE DI SICUREZZA CON O SENZA VALVOLA E' un dispositivo di protezione individuale più sofisticato, certificato per riuscire a filtrare almeno il 95% delle particelle sospese nell’aria, inclusa l’eventuale presenza del coronavirus. Se almeno in apparenza questa seconda soluzione sembrerebbe potenzialmente più efficace della semplice mascherina chirurgica, in realtà entrambe le tipologie presentano una serie di criticità, tanto che secondo alcuni studi, anche nella migliore delle ipotesi “indossare una mascherina può aiutare, ma non garantisce una protezione totale“. Le maschere N95 sono note anche con la sigla Ffp3 (filtering face piece di terzo livello), ma in commercio si trovano anche le Ffp2 (che garantiscono protezione all’89%) e Ffp1 (al 75%), con prestazioni ovviamente inferiori. Alcune sono dotate di valvola utile ad espirare. In queste maschere viene meno il filtraggio in uscita. Limiti : Il livello di protezione del 95% garantito da questi strumenti è reale solo se vengono indossate correttamente, e ciò è impossibile per chiunque abbia la testa troppo piccola e per chiunque abbia la barba, che fa perdere la corretta aderenza al volto. In generale rendono più difficoltoso il passaggio dei flussi d’aria, quindi può essere fastidioso o problematico da indossare per chi abbia disfunzioni respiratorie o manifesti già sintomi alle vie aree, inclusi quelli provocati dal coronavirus. Tosse e affanno respiratorio possono infatti essere aggravati dall’uso di questo tipo di mascherina. In modo controintuitivo, poi, una revisione sistematica condotta nel 2016 ha concluso che non è detto che le maschere N95 siano davvero più efficaci rispetto alle più modeste mascherine chirurgiche, almeno per quanto riguarda la protezione del personale sanitario da una malattia virale come l’influenza. Un altro studio del 2017, poi, ha confermato lo stesso risultato, mostrando una maggior efficacia delle maschere N95 solo nel caso delle patologie di origine batterica, mentre non ha riscontrato differenze di performance per le malattie virali. Ciò che invece è certo –  e lo si sapeva già dal 2011 – è che le N95 non sono peggiori delle mascherine chirurgiche, e che mediamente hanno un costo molto più elevato. Efficacia nella prevenzione quotidiana Le ricerche che confermano scientificamente l’efficacia delle mascherine nel ridurre il contagio fino ai casi più virtuosi dell’85% (e che effettivamente esistono anche come studi randomizzati) hanno la caratteristica comune di essere stati condotti solo su personale sanitario. Dunque si tratta di lavoratori che hanno ricevuto una formazione specifica in merito, che combinano l’uso delle mascherine con altri dispositivi di protezione e che sono abituati a seguire una serie di rigorose norme igieniche. Le perplessità sull’efficacia delle mascherine per i non-professionisti, infatti, derivano soprattutto dai dubbi relativi al corretto utilizzo, dato che gli errori e le imprudenze sono molto comuni. Il primo aspetto rilevante, in questo senso, è che le mascherine diventano assolutamente inutili se vengono rimosse, anche solo momentaneamente, in particolar modo se per toccarsi il volto con le mani, come le persone fanno in media una volta ogni tre minuti. Se poi immaginiamo di toglierci la mascherina per rispondere a una telefonata, o per grattarci il naso, o per riposizionarla quando ci dà fastidio, la protezione diventa ancor meno efficace. E anche in chi diligentemente evita di toccarsi il viso, non sempre la mascherina è correttamente indossata e ben aderente al volto, tanto che un potenziale agente patogeno potrebbe facilmente restare sulla pelle intorno alla mascherina e poi scivolare verso le mucose del naso o della bocca. Questo vale pure per i respiratori N95, che richiedono molta attenzione nella fase di posizionamento sul volto. Va considerato, poi, che per il personale sanitario la mascherina è solo una delle protezioni indossate, tanto che gran parte del corpo (incluse mani e braccia) è coperta da altri dispositivi o da indumenti ad hoc, che spaziano dagli occhiali ai guanti e alla cuffietta. Le mascherine sono sempre da considerarsi monouso, nel senso che nel momento in cui vengono rimosse vanno tolte come se fossero contaminate, perciò mai abbassate dalla bocca, riafferrate a partire dagli elastici laterali e mai re-indossate. L’utilizzo da manuale, inoltre, prevede di cambiarle di frequente (perché la loro impenetrabilità non è affatto assoluta), e naturalmente di svolgere l’operazione di sostituzione in un luogo opportuno e con elevati standard igienici. Va da sé che le condizioni di sterilità che possono essere garantite in una sala operatoria o in un reparto ospedaliero sono molto diverse da quelle che si possono avere per strada, in metropolitana o in un centro commerciale. Conclusioni In ordine di priorità, la mascherina non è certo ai primi posti tra le raccomandazioni per prevenire il contagio. Non avrebbe senso, dunque, affannarsi per procurarsi le mascherine e allo stesso tempo dimenticarsi di seguire le altre precauzioni suggerite dall’Organizzazione mondiale della sanità. Addirittura, i medici hanno sottolineato che a volte indossare una mascherina può essere controproducente, soprattutto perché genera un illusorio senso di sicurezza: dando una percezione (errata) di immunità quasi totale, fa abbassare la soglia di attenzione verso altre misure igieniche. Alcune persone arrivano al punto di avvicinarsi a chi manifesta sintomi senza timori, sentendosi invulnerabili solo perché indossano qualcosa davanti alla bocca. Per questo motivo, alcuni sostengono che acquistare una mascherina sia sconsigliabile, sottolineando come per la popolazione generale non esista alcuna prova scientifica dell’efficacia preventiva. Altri infettivologi, di contro, sono più ottimisti sull’attenzione all’igiene da parte delle persone e quindi ritengono che le mascherine possano essere dispositivi utili a contenere il contagio, almeno se si ragiona in termini di grandi numeri. Quali sono, in ogni caso, le altre precauzioni da tenere a mente? Si tratta per la maggior parte di misure di buonsenso, da applicare a prescindere da 2019-nCoV, come per esempio evitare il contatto diretto con persone malate o con superfici e oggetti potenzialmente infetti. Naturalmente è fondamentale avere una buona igiene: lavarsi le mani di frequente, con acqua calda e sapone per almeno mezzo minuto oppure con un disinfettante a base alcolica, è il consiglio numero uno, insieme all’evitare di portare le mani al volto e al non toccare il cibo con le mani sporche. Il coronavirus sulla pelle infatti non può provocare l’infezione, ma quest’ultima avviene solo se si porta il virus in contatto con le mucose. Se ci si trova in un’area ritenuta a rischio, è preferibile evitare anche il contatto con gli animali, scongiurare contaminazioni di cibi sospetti con alimenti da consumare crudi e cuocere sempre con cura carne e pesce. In generale, si consiglia di evitare di recarsi nelle zone dove l’epidemia è più diffusa. Nel caso si manifestino dei sintomi, è utile starnutire nel gomito oppure in un fazzoletto da gettare subito dopo, ridurre i contatti con altre persone e – se si sospetta di essere stati infettati dal coronavirus –  rivolgersi al proprio medico (non al pronto soccorso) per far valutare il caso.
Mascherine protettive. Alcune informazioni utili
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Dr Giuseppe Fanara
02 dic 2019
In Farmaci e Terapie
Ancora oggi il trattamento terapeutico del cane leishmaniotico rappresenta una sfida, a motivo dell’estrema complessità della patologia che si esprime con una varietà di quadri clinici la cui evoluzione non è facilmente prevedibile. Gli scopi della terapia anti-Leishmania possono essere ricondotti a: i) riduzione (eliminazione) della carica parassitaria del paziente; ii) controllo dei danni indotti dal parassita; iii) ripristino della risposta immunitaria del cane; iv) stabilizzazione nel tempo dei risultati ottenuti; v) trattamento delle recidive. Possiamo identificare 11 cure che possono essere efficaci a seconda della valutazione e diagnosi medico veterinaria. Oggi parleremo dell' Allopurinolo L’Allopurinolo è un composto analogo dell’ipoxantina che interferisce con la sintesi dell’acido urico attraverso il blocco della xantina-ossidasi. La sua attività anti-Leishmania è dovuta al fatto che le leishmanie, come altri emoflagellati, sono incapaci di sintetizzare le purine, per cui devono necessariamente recuperare le basi azotate ed i nucleosidi dall’ospite (“purine salvage pathway”). L’Allopurinolo, una volta incorporato dal parassita, dà luogo ad alcuni composti tossici che ne determinano la morte. Nella leishmaniosi viscerale umana la monoterapia è inefficace, probabilmente per la scarsità di composto ribosidico (precursore della forma tossica 4-aminopirazolopirimidina) che si forma nell’organismo dell’ospite parassitato. Nel cane, quando somministrato in monoterapia, per periodi non inferiori a 2-3 mesi, l’Allopurinolo determina quasi sempre un miglioramento clinico ed in parte dei parametri di laboratorio, compresa la riduzione di alcune proteine della fase acuta, sebbene il farmaco, pur riducendo la carica parassitaria, non determina la guarigione parassitologica. L’Allopurinolo dimostra un’ottima maneggevolezza, anche quando somministrato per periodi molto lunghi (1-2 anni). Segnalata di recente è la capacità del farmaco, attraverso il controllo della carica parassitaria, di ridurre o mantenere stabile il grado di proteinuria nei cani leishmaniotici proteinurici, e di prevenire/rallentare il deterioramento della funzione renale nei cani infetti non azotemici.
Leishmaniosi canina come curarla content media
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Dr Giuseppe Fanara
17 ott 2019
In Miscellanea
Stimola produzione di linfociti Th17, proteggendoci da infezioni Masticare il cibo correttamente, non solo aiuta la digestione, ma rafforza il sistema immunitario e aiuta a proteggerci da infezioni di funghi e batteri. E' la scoperta fatta da un team di ricercatori della University and National Institutes of Health negli Stati Uniti, che ha rivelato come un tipo specifico di cellule immunitarie, i linfociti Th17, viene stimolato proprio quando si mastica. Il sistema immunitario ha lo scopo di bloccare agenti patogeni nocivi e tollerare la presenza di normali batteri amici. E' noto che, in questo compito, viene aiutato da una sana alimentazione. Tuttavia, non solo cosa mangiamo, ma anche come mangiamo sembra avere un peso. In altre parti del corpo, come l'intestino e la pelle, la presenza di cellule immunitarie è stimolata dalla presenza di batteri e si era supposto che accadesse così anche nella bocca. I ricercatori hanno invece scoperto che il cavo orale ha un diverso modo di stimolare i linfociti Th17: sono stati infatti in grado di stimolarne un aumento nei topi, semplicemente cambiando la durezza del loro cibo, dimostrando così che la masticazione è stato il fattore determinante. In particolare, ad attivare le cellule Th17 sarebbero i "danni causati dalla abrasione delle gengive derivata dal masticare", commenta il biologo dell'Università di Manchester Joanne Konkel, primo autore della ricerca pubblicata sulla rivista Immunity. Secondo Konkel "la comprensione dei fattori che regolano l'immunità nella barriera orale potrebbe portare a nuovi modi per curare diverse malattie infiammatorie".
Masticare bene il cibo aiuta il sistema immunitario content media
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Dr Giuseppe Fanara
09 ago 2019
In Miscellanea
La creatina è sicuramente uno degli integratori più usati dagli atleti per le sue capacità di incrementare la performance negli sport con componenti anaerobiche. I suoi effetti sono già stati dimostrati da tempi con numerosi studi scientifici. La prima forma di creatina ad essere immessa sul mercato degli integratori è stata la creatina monoidrato, che però presenta diversi problemi: - E' scarsamente assorbita dal muscolo in quanto degradata a pH gastrico - La sua assunzione pertanto deve essere accompagnata da zuccheri ad alto indice glicemico per sfruttarne il trasportatore muscolare. - E' scarsamente solubile in acqua - L'uso di elevati dosaggi necessari per beneficiare delle sue attività ergogeniche, potrebbero causare effetti collaterali quali diarrea e sovraccarico renale. Negli ultimi anni la ricerca chimico farmaceutica ha sviluppato nuove forme di creatina, dove essa viene legata ad altre molecole che ne migliorano caratteristiche farmacocinetiche . Queste nuove formulazioni di creatina vengono assorbite più facilmente quindi permettono di ottenere maggiori risultati con dosaggi inferiori e con un minore apporto di carboidrati semplici. Capire quanto il desiderio di brevettare una nuova forma di creatina (e quindi venderla in esclusiva) sia maggiore dei reali effettivi effetti benefici della stessa è impresa ardua. La poca disponibilità o totale assenza di studi clinici indipendenti che ne dimostrino i vantaggi induce nei fatti alle critiche molti medici e nutrizionisti. La creatina monoidrato infatti resta la più studiata e quindi la più utilizzata da medici e nutrizionisti per i piani alimentari dei propri atleti. Vediamo adesso alcune forme di creatina commercializzata negli Stati Uniti e in Europa. Creatina etil-estere Studi condotti dall' University of Nebraska Medical Center (USA) hanno scoperto come l'etilesterificazione facilita la penetrazione della creatina attraverso le membrane cellulari intestinali, muscolari e nervose, aumentandone l'assorbimento. La Creatina etil-estere viene assorbita direttamente dalle cellule muscolari, senza bisogno dell'azione dell'insulina e senza causare gonfiore. Si tratta quindi di un'ottima alternativa per chi non vuole assumere troppi carboidrati semplici e per chi è soggetto ai disturbi di stomaco e ai gonfiori causati dall'integrazione con creatina monoidrato. Basta prendere 1-2 grammi di Creatina etil-estere prima e dopo l'allenamento, senza nessun ciclo iniziale di sovraccarico. Questa nuova molecola è virtualmente più stabile e assimilabile di qualsiasi altra forma di Creatina. Queste sue proprietà derivano dal fatto che la molecola di creatina così modificata diviene estremamente  lipofila (scioglibile nei grassi); ciò le permette di superare facilmente le membrane cellulari ed arrivare così ai muscoli dove agisce. Un dosaggio efficace è già 1,5/2 grammi e non necessita di fase di carico. Creatina metil-estere Questo tipo di creatina, conosciuto anche con il nome di creatina metilata, è in un certo senso simile alla Creatina etil-estere, ma in questo caso le molecole di creatina sono legate ad un gruppo metilico composto da un atomo di carbonio e da tre atomi d'idrogeno. È stata espressa qualche perplessità riguardo agli integratori che contengono gruppi metilici. La metilazione permette alle sostanze di attraversare il tratto digestivo e di essere metabolizzate nel fegato senza essere distrutte; pertanto la creatina metil-estere risulta essere più pesante per le cellule epatiche. Sebbene l'organismo riesca ad assorbire più facilmente le sostanze metilate, i gruppi metilici possono danneggiare il fegato o risultare epatotossici. Alcuni esperti ritengono che gli integratori metilati possano aggravare le condizioni del fegato nelle persone già affette da una patologia epatica. I bodybuilder che non soffrono di disturbi al fegato non dovrebbero avere problemi assumendo il dosaggio consigliato, che è inferiore a quello di creatina monoidrato: solo 1-2 grammi prima e dopo l'allenamento. Kre-Alkalyn È una "creatina tamponata", nel senso che viene elaborata ad un pH più alto, di conseguenza meno acido rispetto alla creatina normale. L'effetto tampone impedisce alla creatina di disgregarsi in creatinina, processo che si verifica più rapidamente in ambiente acido. A quanto pare è possibile interrompere tale processo alterando il livello di pH durante la produzione di creatina. Il rallentamento o l'interruzione della trasformazione della creatina in creatinina favorisce un maggiore assorbimento della creatina e consente di abbassarne il dosaggio. Non sono ancora state condotte sperimentazioni cliniche sulla Kre-Alkalyn, ma in base a resoconti empirici pare che questa sostanza sia in grado di apportare gli stessi benefici della creatina monoidrato, senza causare disturbi di stomaco né gonfiori. Il dosaggio consigliato è di 1,5-3 grammi di Kre-Alkalyn prima e dopo il workout; non è consigliata nessuna fase di carico. Creatina Orotato L'Acido Orotico e in grado di innalzare e mantenere alti i livelli di ATP all'interno della cellula muscolare, ma non solo: aumenta la capacita della cellula di captare il glucosio (aumentando così le riserve di glicogeno disponibile) e aumenta la formazione di carnosina e ribosio. Aumentare le riserve di Carnosina si traduce nel ritardare l'affaticamento muscolare dovuto all'accumulo di acido lattico. Gli orotati sono sali minerali della vitamina B13 (acido orotico). Sono estremamente efficaci come vettori dei minerali, in quanto l'acido orotico forma con essi dei legami molto forti (orotato) che, non essendo attaccati dal sistema digestivo, riescono a trasportare i minerali nelle parti del corpo ove sono richiesti, portandone l'assorbimento (che altrimenti sarebbe al 3% circa) fino al 60% - 80%. L'acido orotico ha molta importanza fisiologica perché è un prodotto intermedio nella biosintesi delle pirimidine presenti nei nucleotidi degli acidi nucleici. Questo composto viene proposto come una creatina a maggiore durata d'azione, per effetto dell'attività sinergica tra le 2 sostanze associate. Risulta comunque meno assorbibile dal muscolo rispetto alla CEE. Il dosaggio efficace sembra essere di 5 grammi.
Creatina come integratore nello sport

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Dr Giuseppe Fanara
06 ago 2019
In Miscellanea
Tra pause pranzo troppo brevi e caldo di stagione insopportabile, c’è chi preferisce pranzare con un pasto sostitutivo al classico primo e secondo piatto. Prima di optare per barrette, beveroni e smoothie dolci e salati, però, è bene prestare attenzione all’etichetta nutrizionale per utilizzare questi cibi nella miglior maniera possibile. Sono sempre di più le persone che ricorrono ai pasti sostitutivi per rimettersi in forma in meno tempo. Complici il caldo e le ferie imminenti, la tentazione di sostituire il pranzo o la cena velocemente è molto forte, ma occorre tenere a mente che non tutti i prodotti in commercio sono uguali, bisogna prestare particolare attenzione all’etichetta e al contenuto di grassi e zuccheri in essi contenuti. Non tutte le barrette proteiche e dei pasti sostitutivi hanno passato la prova del Regolamento Europeo. Quelle che rispettano la normativa, devono avere un apporto calorico compreso tra le 200 e 400 calorie per pasto; le calorie provenienti dalle proteine devono coprire tra il 25 e il 50% delle calorie totali; le calorie provenienti dai grassi non devono superare il 30% delle calorie totali. I pasti sostitutivi sono da ritenersi validi in caso di “emergenza” e non come abitudine alimentare. Il mix di vitamine e nutrienti presenti nei pasti sostitutivi non può riprodurre in alcun modo ciò che garantisce una dieta sana e bilanciata, composta da tutto ciò di cui ha bisogno il nostro organismo. Esistono prodotti buoni con valide proprietà nutritive per composizione, ma difficilmente hanno la completezza di un pasto equilibrato. Quindi, sì ai pasti sostitutivi “una tantum”, no ai pasti sostitutivi come abitudine. L’alimentazione sana è sempre la scelta migliore.
Pasti sostitutivi? Facciamo chiarezza! content media
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Dr Giuseppe Fanara
01 ago 2019
In Miscellanea
Originaria dell’Africa meridionale e orientale, la pianta dell’Artiglio del Diavolo ha spiccate proprietà analgesiche e anti-infiammatorie. Un rimedio ideale per chi ha ripreso a fare sport dopo una lunga pausa e, quindi, più facilmente esposto a piccoli infortuni e infiammazioni muscolari dovuti all’inattività precedente. L’ Arpagofitoo Artiglio del Diavolo (Harpagophytum procumbens) è una pianta originaria dell’africa meridionale. Cresce soprattutto nelle regioni orientali e sud-orientali della Namibia, nel sud della Botswana, nella regione del Kalahari, nel Northern Cape e in Madagascar.  Il nome “Artiglio del Diavolo” si deve alla particolare conformazione della pianta, caratterizzata da quattro appendici dure e nastriformi da cui nascono frutti con uncini robusti, pericolosi per gli animali che ci entrano in contatto. Nonostante la sua caratteristica pungente, però, l’artiglio del diavolo è una pianta dagli innumerevoli benefici. Diversi studi, per esempio, ne hanno confermato le proprietà analgesiche e antinfiammatorie, arrivando a paragonare l’efficacia della pianta con i prodotti antinfiammatori tradizionali. Non solo studi e ricerche, anche test su esseri umani e roditori si sono rivelati particolarmente incoraggianti, mettendo in luce e confermando tutte le virtù terapeutiche dell’Arpagofito.  Azione antidolorifica, antinfiammatoria, antireumatica e spasmolitica, specialmente a livello muscolare e articolare. Inoltre, sembra che l’Artiglio del Diavolo sia un ottimorimedio per lo stimolo della digestione.  Tutte proprietà che si devono alle sostanze presenti nelle escrescenze laterali della radice tuberosa della pianta, che contiene alte percentuali di principi attivi, in particolare: i fitosteroli (composti vegetali che hanno un’azione antinfiammatoria simile al cortisone) e l’arpagosite, che ha dimostrato di contrastare la formazione di alcuni agenti dell’infiammazione.  Crema, gel, unguento, estratto secco, tintura madre, decotto e infuso. Sono tantissimi i modi grazie ai quali si può beneficiare dell’ Arpagofito che, come abbiamo già detto, concentra tutti i suoi principi attivi nelle sue radici secondarie.  Crema, gel o unguento La formulazione in crema è forse la più conosciuta e utilizzata.  Insieme a gel o unguento, la crema svolge un’azione localizzata sulle parti del corpo infiammate.  Soluzione ottimale per: massaggi defaticanti dopo un’attività sportiva intesa e in casi di piccoli traumi, magari dovuti alla ripresa di uno sforzo fisico che non ci vedeva impegnati da un po’. Estratto secco Si tratta della formulazione già pronta, in capsule o compresse. Soluzione ottimale per: nevralgie, dolori muscolari e articolari. Tintura madre In alternativa alla crema o all’estratto secco. Soluzione ottimale se: abbinata alle precedenti formulazioni locali per un’azione più estesa.  Decotto o infuso Soluzione ottimale per: digestione, dolori mestruali ed emicrania. L’integratore alimentare non è un sostitutivo di uno stile di vita sano. Ricordati di consultare sempre il tuo medico di base.
L’Artiglio del Diavolo: efficace antinfiammatorio naturale content media
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Dr Giuseppe Fanara
31 lug 2019
In Miscellanea
C’è chi preferisce tirare tardi la sera e dormire di più la mattina. O chi ha l’abitudine di addormentarsi solo a notte fonda per poi fare i conti con sonnolenza, cali di concentrazione e malumore durante le prime ore della giornata. In arrivo buone notizie! Uno studio pubblicato sulla rivista “Sleep Medicine” ha svelato che è possibile evitare il disagio della sonnolenza h24, basta modificare alcune abitudini. Si può trasformare un nottambulo in un mattiniero? Stando a quanto pubblicato su “Sleep Medicine”, rivista americana, sembrerebbe proprio di sì. Un team di ricercatori delle Università di Birmingham (Regno Unito) e della Monash University (Australia) ha infatti dimostrato che, in sole tre settimane, è possibile modificare abitudini e ritmo sonno-veglia, basta intervenire su alcuni aspetti della propria quotidianità. Lo studio da loro effettuato ha coinvolto un gruppo di 22 nottambuli. A ognuno di loro è stato chiesto di modificare, per un periodo di tre settimane, alcuni semplici abitudini: – andare a dormire e alzarsi 2-3 ore prima del solito (anche nei giorni festivi); – evitare di esporsi eccessivamente alla luce artificiale nelle ore serali; – fare colazione appena svegli; – pranzare sempre alla stessa ora e cenare non oltre le 19.00; – praticare sport al mattino; – evitare la caffeina dopo le 15.00; – non fare sonnellini pomeridiani dopo le 16.00. Dopo tre settimane, il ritmo sonno-veglia di tutti i partecipanti è stato anticipato di due ore, con effetti benefici sulle prestazioni mentali: livelli più bassi di “umor negativo”, stress e sonnolenza durante la mattinata e miglioramento delle prestazioni cognitive. “Stabilire routine semplici può aiutare i nottambuli a regolare i loro orologi interni e a migliorare la loro salute fisica e mentale complessiva”, ha spiegato Debra Skene dell’Università del Surrey, ricercatrice dello studio. Semplici consigli, quindi, ma in grado di fare la differenza.
Il segreto per svegliarsi presto senza fatica content media
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Dr Giuseppe Fanara
16 lug 2019
In Miscellanea
La dissenteria (diarrea) in età infantile è un fastidio piuttosto comune. Soprattutto in estate, quando l’organismo dei più piccoli è ancora debole e poco abituato a sopportare sbalzi di temperatura improvvisi e cambiamenti di abitudini alimentari. E così, come in inverno si tende a essere maggiormente soggetti a raffreddori e influenze, l’estate può portare con sé disturbi fastidiosi all’intestino. Esistono comunque accorgimenti utili per affrontare la dissenteria infantile nel modo giusto, a partire dall’inserimento costante di liquidi per ricostituire le perdite che avvengono con le evacuazioni.  L’estate è la stagione preferita dai bambini, che possono finalmente salutare la scuola e godersi tre mesi di vacanze, divertimento e relax. Peccato che, a rovinare la spensieratezza di questo periodo, ci si possa mettere la dissenteria: un disagio piuttosto comune tra i più piccoli, ancora poco abituati a sopportare cambiamenti drastici di temperatura e di abitudini alimentari. Quando si tratta di dissenteria lieve, comunque, non bisogna preoccuparsi. Per fare in modo che il bambino si riprenda bastano riposo e tanta idratazione. Chi presenta episodi sporadici di diarrea lieve, infatti, non vomita, non è disidratato e può continuare a bere e mangiare gli alimenti a cui è abituato. Procedendo con un piano alimentare regolare, è possibile che l’episodio di diarrea duri meno e tenda a scomparire. Esistono comunque alcune regole che- se seguite con regolarità- non preservano i bambini dalla diarrea ma consentono di ridurne la comparsa: Lavare le mani con acqua e sapone: Le mani sono una delle parti del corpo che va mantenuta maggiormente sotto controllo. La dissenteria, infatti, può essere causata dal contatto con virus, batteri e parassiti che nelle mani trovano rifugio. Evitare gli antibiotici: L’antibiotico tende a indebolire l’equilibrio intestinale dei più piccoli. Nel caso in cui fossero indispensabili, il consiglio è quello di inserire yogurt o fermenti lattici nell’alimentazione del bambino, per consentirgli di regolarizzare l’equilibrio della flora batterica intestinale. Prestare attenzione alla cottura degli alimenti: Specialmente quando si tratta di carne e uova, bisogna prestare molta attenzione alla cottura; questo per uccidere eventuali batteri e parassiti.Non cambiare drasticamente le abitudini alimentari: È sconsigliato modificare radicalmente l’alimentazione del bambino. L’obiettivo principale è fare in modo che assuma un normale apporto di proteine e calorie. Sarebbero da evitare alimenti ricchi di zuccheri semplici e lattosio. Per quanto riguarda la cottura sono da preferire: vapore, microonde, griglia o piastra, piuttosto che la frittura, la cottura in padella o i bolliti di carne. Moderare il consumo di latte: Il latte, in estate, è mal tollerato. È consigliabile dare ai bambini latte con una percentuale inferiore di grassi, zuccheri e proteine.Lavare la frutta e la verdura con cura: La frutta o la verdura che si consuma cruda va lavata correttamente. Bisognerebbe consumare subito la frutta e la verdura che è stata lavata e affettata.Attenzione alla piscina: La piscina e altri luoghi pubblici sono un continuo proliferare di batteri. Per questo è fondamentale fare la doccia al bambino subito dopo l’immersione in piscina.Voce del verbo “idratare” Una corretta idratazione è alla base di tutto. La perdita di liquidi e di Sali minerali, infatti, può diventare un fattore di rischio per la comparsa della diarrea. Si consiglia di bere acqua minerale per tutto l’arco della giornata, anche le tisane sono un ottimo modo per reidratarsi. Attenzione, invece, all’acqua del rubinetto. I consigli forniti sono puramente indicativi e non devono essere considerati sostitutivi delle indicazioni del medico.
Dissenteria estiva nei bambini: come prevenirla content media
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Dr Giuseppe Fanara
14 giu 2019
In Miscellanea
Per gli amanti della corsa, la possibilità di monitorare le proprie performance è una cosa non da poco. Soprattutto perché, grazie al monitoraggio quotidiano, si tiene traccia della propria resistenza e si superano i propri limiti. Inoltre, grazie alla tecnologia, l’attività fisica risulta meno pesante e più produttiva. Ecco allora cinque app che dovresti conoscere per ritrovare la motivazione o, semplicemente, tenere traccia dei tuoi miglioramenti! Runkeeper È una tra le app più conosciute e scaricate dai corridori. Permette di: misurare ritmo, distanza, percorso, tempo impiegato e calorie bruciate. Plus: il coach virtuale che comunica i dati relativi alle prestazioni e ai progressi ottenuti.  Disponibile per: iOS e Android  Runtastic È un’altra app molto utilizzata da chi ama l’esercizio fisico all’aria aperta. Viene utilizzata da più di 200 milioni persone in tutto il mondo e funziona più o meno come Runkeeper, ma ha più funzionalità.   Permette di: unire il monitoraggio di dati e premi virtuali per i risultati ottenuti.  Nella sua versione “premium” sono presenti programmi di allenamento distinti, condizioni meteo e temperature dei luoghi, allenatore virtuale che comunica le info sulla propria prestazione.  Plus: Tra le tante caratteristiche, una delle più particolari è la possibilità di ascoltare audiolibri e podcast durante il training. La funzione si chiama Story Running.  Disponibile per: iOS, Android e ottimizzata per i relativi wearable. Endomondo È un’app che risponde a un’esigenza: la motivazione. Grazie a questa applicazione si è spronati a fare sempre meglio durante l’allenamento. Permette di: tenere traccia dei chilometri corsi, ma anche di quelli fatti camminando e di qualsiasi altro sport basato sulla distanza. I dati raccolti vengono poi analizzati dalla piattaforma (omonima) che consente di creare statistiche e valutare i miglioramenti. Plus: Con la versione Premium (a pagamento), non ci sono pubblicità e si possono ottenere informazioni su quante calorie si sono bruciate e statistiche annuali.  Disponibile per: iOS, Android e anche ottimizzata per Apple Watch. Spotify Running È un’app che consente di correre a ritmo di musica. Durante la corsa, infatti, il tempo viene rilevato automaticamente da Spotify, che seleziona la musica più adatta al ritmo di corsa. Permette di: provare un’esperienza di corsa inedita. La musica si sincronizza con l’andatura dei passi. Quando si rallenta, Spotify seleziona un brano tranquillo, viceversa, quando aumenta il ritmo della corsa, Spotify seleziona un pezzo che consente di correre ancora più forte.  Plus:Correre a tempo con la musica fa sentire più carichi e motivati, incidendo positivamente sulle prestazioni. Disponibile per: iOS, Android. Zombie Run È un’app che consente di vivere la corsa come una vera e propria avventura, in cui chi corre diventa l’eroe che deve salvarsi dall’invasione degli zombie. Come? Correndo!  Permette di: trovare la giusta motivazione e bruciare le calorie in eccesso. Tutto grazie a più di 200 missioni da portare a termine, necessarie per salvarsi dall’apocalisse zombie.  Le prime quattro sfide sono gratuite, le altre si sbloccano di settimana in settimana (oppure acquistando la versione Pro). Plus: Scaricando l’app si beneficia di un doppio training: sportivo e linguistico. L’app è in lingua originale (inglese), così come tutti i suoi comandi vocali e le istruzioni.È un’app  divertente e fuori dal comune, perfetta per gli appassionati dei videogame.  Disponibile per: iOS e Android.
5 app per rendere la corsa divertente e produttiva! content media
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Dr Giuseppe Fanara
12 giu 2019
In Farmaci e Terapie
Primo studio che ne verifica l'efficacia, -4 giorni in un mese Lo smartphone può diventare un nuovo alleato contro le emicranie. Una ricerca scientifica ha trovato come una app che aiuta il rilassamento, usata per almeno due volte alla settimana, può arrivare a ridurre il mal di testa per una media di quattro giorni in un mese. È questo il risultato di uno studio che ha portato i ricercatori della Scuola di medicina della New York University a sviluppare la app Relaxahead, che altro non è che una guida digitale per il rilassamento muscolare progressivo.     Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Digital Medicine ed è il primo a valutare, sotto una supervisione medica, una app per il trattamento dell'emicrania e una per l'uso di cure tradizionali.     I partecipanti allo studio hanno avuto in media 13 giorni di emicrania al mese. Il 39% di loro ha anche riferito di avere ansia e il 30% depressione.     La terapia con rilassamento muscolare progressivo, utilizzando l'app, ha però avuto un calo dell'uso nel corso del tempo: gli utenti sono scesi al 51% dopo sei settimane e al 29% dopo tre mesi. Gli autori dello studio hanno in programma di identificare potenziali tecniche per incoraggiare sessioni più frequenti. 
Una app per rilassamento muscolare ridurrebbe emicranie content media
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Dr Giuseppe Fanara
24 apr 2019
In Farmaci e Terapie
Il ritiro è stato disposto dall'ente regolatorio americano FDA, mentre in Italia l'AIFA assicura: nessun problema con i farmaci antipertensivi. Utilizzati prevalentemente nel trattamento dell'ipertensione (Losartan è impiegato nella terapia dei pazienti ipertesi con ipertrofia ventricolare sinistra e per il trattamento della nefropatia in pazienti diabetici di tipo 2), i medicinali a base di sartani sono stati recentemente oggetto di numerosi richiami. L'azienda produttrice del la Torrent Pharmaceuticals Limited ha atto sapere di aver ritirato 36 lotti di pillole di 'Losartan potassium' e 68 lotti di 'Losartan Potassium/Hydrochlorothiazed'. Ancora una volta impurezze, perché è stata individuata la presenza superiore a livelli di sicurezza stabiliti dalla Food and drug administration, della sostanza 'Acido N-Metilnitrosobutyric'. Il richiamo dei farmaci a base di sartani, come già accaduto nei mesi scorsi per altre specialità della stessa categoria, è motivato dalla possibile presenza di impurità cancerogene. Torrent Pharmaceuticals Limited precisa comunque che al momento dell'estensione del richiamo non sono stati segnalati eventi avversi. E in Italia? Di oggi la nota AIFA che rassicura tutti: " In merito alla notizia – ripresa oggi da alcuni siti d’informazione italiani - del ritiro negli Stati Uniti di lotti di medicinali a base del principio attivo losartan, l’AIFA precisa che i farmaci interessati dal ritiro negli USA non sono presenti sul mercato italiano ed europeo". La Fda, così come in Italia l' AIFA, ricorda ai pazienti in trattamento con Losartan Potassico o Losartan Potassico Idroclorotiazide, di non interrompere la terapia, in quanto il rischio di danni alla salute può essere superiore se il trattamento viene interrotto immediatamente senza l'individuazione di un trattamento alternativo ad opera del medico curante. Dott. Giuseppe Fanara Specialista in Farmacologia Medica
Caso Losartan. Lotti ritirati in America. In Italia nessun provvedimento cautelativo. content media
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Dr Giuseppe Fanara
26 feb 2019
In Miscellanea
Il Molise si candida a diventare terra della lunga vita e Pietracupa, provincia di Campobasso, un piccolissimo comune di poche centinaia di anime e finora famoso solo per l'enorme roccia che domina il borgo, sarà la "capitale della longevita". Il progetto annunciato in queste ore dal team che lo ha ideato, prevede un piano articolato di partnership con le Università italiane ed internazionali che si occupano di stili di vita e di terapie che puntano ad allungare la vita e, ci si augura, non solo più lunga ma anche migliore qualitativamente. "Il fulcro del progetto si basa sulle qualità intrinseche della Regione - spiega all'Ansa l'ideatore Angelo Gargano - una terra con elementi culturali e ambientali che di per se' favoriscono una vita lunga e una vecchiaia qualitativamente di ottimo livello. A partire da questo presupposto verranno recepiti gli input dagli studi di tutto il mondo" attraverso i quali il progetto si auspica di  incoronare il Molise terra capitale della longevita. Nei prossimi mesi sono previsti i primi seminari ed eventi scientifici. il partenariato promotore dell'iniziativa vede  amministrazioni locali come il comune di Pietracupa, e partner privati, che incardineranno i primi passi di un progetto che punta a caratterizzare diversi aspetti economici e di sviluppo del territorio. "Oltre a promuovere elementi propri della nostra tradizione agroalimentare - evidenzia ancora Gargano - punteremo a creare forme di promozione turistica territoriale rendendo evidente come gli stili di vita, gli elementi ambientali, ma anche le nuove strutture tecnico/medicali presenti in Molise possano dare spinta ad un incoming significativo per chi voglia imparare e sperimentare abitudini che impattano positivamente sulla salute e sulla qualità della vita." Ma perche' la 'capitale della longevità proprio a Pietracupa? "Il tema della capacità della nostra terra di impattare positivamente sulla lunghezza e qualità della vita, ha una tradizione lunghissima," continua Gargano, "Infatti la ricercatrice Aurora Delmonaco ha trovato nell'archivio di Stato a Napoli un frammento documentale importantissimo relativo al comune di Pietracupa, in cui è scritto che 'li abitanti sono di ottima salute e l'età di quelli giunge fino a 80 e 90 anni'. Un dato straordinario, soprattutto se contestualizzato nell'anno della testimonianza, il 1676: segno che salubrità dell'aria e cibo davano già allora aspettative di vita molto sopra la media. anche per questo sarà Pietracupa il comune da cui partiranno le iniziative di carattere scientifico".
Molise, Pietracupa capitale della longevità. Già nel '600 nel piccolo borgo si viveva fino a 90 anni  content media
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Dr Giuseppe Fanara
25 feb 2019
In Miscellanea
Nello sport così come nella vita, la moderazione vince sempre. Tra chi svolge un’attività fisica quotidiana fin troppo esagerata e chi si lascia prendere dalla pigrizia, infatti, esiste una parola che si dovrebbe tenere sempre a mente: equilibrio. Uno studio condotto dalla “Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago”- e pubblicato sulla rivista Arthritis Care & Research- sostiene che bastano 45 minuti di attività fisica alla settimana per aumentare dell’80% la possibilità di migliorare la funzionalità motoria. Lo studio è stato condotto su più di 1600 volontari dai 49 anni in su, che soffrivano di dolore e rigidità articolare agli arti inferiori. I volontari dello studio sono stati seguiti per due anni; quelli che avevano raggiunto un minimo di 45 minuti di attività fisica moderata (come camminare a ritmo sostenuto) avevano l’80% in più di possibilità di conservare e migliorare la funzionalità articolare, rispetto a quelli che ne facevano meno. Da questa ricerca si evince che, per mantenere in buona salute le articolazioni, uno degli errori più grandi è lasciare che il divano abbia la meglio. Con moderazione si può fare tutto. Ecco allora qualche piccolo accorgimento per rallentare l’invecchiamento delle articolazioni: • Evita il fumo: l’Aaos – American Academy of Orthopaedic Surgeons – sottolinea come il fumo di sigaretta sia deleterio per la salute delle ossa. Il fumo, infatti, ridurrebbe l’afflusso di sangue alle ossa. • Cura l’alimentazione: limita il consumo di alcolici e zuccheri, che possono alterare la struttura del collagene: una proteina che svolge un ruolo importante per la nostra salute. La sua funzione è di mantenere vivi i tessuti e assicurare l’integrità, l’elasticità e la rigenerazione dell’epidermide, delle cartilagini e delle ossa. • Fai attività fisica moderata: via libera agli sport aerobici come – il nuoto: tra tutti gli sport è quello più completo. Ha tutti i vantaggi delle attività aerobiche e, essendo eseguito in assenza di gravità, consente di non sovraccaricare le articolazioni. Uno studio pubblicato sull’American Journal of Cardiology, inoltre, sostiene gli elementi positivi del nuoto nell’artrosi, una delle patologie più comuni, soprattutto dopo i 50 anni. – La Camminata: camminare consente di prevenire l’usura delle cartilagini. Le articolazioni hanno bisogno di lavorare per rigenerarsi. Muovendosi attivamente e in modo naturale, si mantengono l’elasticità dei tendini e dei legamenti. Il tessuto osseo conserva la sua compattezza, la respirazione e l’attività cardiaca aumentano e migliorano la circolazione. – Il ciclismo: è una disciplina aerobica che consente di mantenere i muscoli tonici, impedendo alle giunture di sbilanciarsi. Ultimo ma non per importanza: il thai chi. Una ricerca del “Center for Complementary and Integrative Medicine al Tufts Medical Center di Boston” sostiene che sia uno strumento efficace per contrastare l’artrosi delle ginocchia.
Sport: perché è importante per le articolazioni content media
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Dr Giuseppe Fanara
13 feb 2019
In Miscellanea
I gas intestinali? Un fastidio comune che interessa un’ampia gamma di persone (a prescindere dall’età) e che sembra essere causato da fattori diversi. I più comuni? Stress e alimentazione sbagliata. In questo articolo ti sveliamo qualche semplice rimedio naturale da adottare per sentirti subito meglio. È vero: non si può ritenere pericoloso ai fini della nostra salute, ma l’eccessiva produzione di gas intestinali è comunque un disturbo assai fastidioso. Ma da cosa è causato? In primis da: – cibi che producono gas nel processo di fermentazione o che già naturalmente lo contengono, come le bibite    gassate o la frutta; – cattive abitudini alimentari; – uno scorretto modo di mangiare; – pasti consumati troppo in fretta; – fumo e chewing-gum masticati a lungo. Sigarette, caramelle e chewing-gum, infatti, aumentano la produzione e quindi l’ingestione di saliva che contiene aria.Quelli sopra elencati sono solo alcuni dei motivi che determinano il fastidioso, anestetico e doloroso gonfiore addominale o senso di pienezza; c’è chi (e sono i più fortunati) riesce a prevenirne la comparsa con una correzione alimentare ma anche chi, nonostante gli accorgimenti adottati, ci continua a fare i conti. Il primo consiglio è quello di consumare con moderazione alimenti che possano influire negativamente nell’intestino. Ma non sempre la causa è data da una scorretta alimentazione, a volte anche correggere alcuni comportamenti della vita di tutti i giorni può essere una buona soluzione. Qualche esempio? . Non coricarsi subito dopo i pasti; . masticare lentamente e con la bocca chiusa; . non parlare mentre si mastica o si porta il boccone in bocca; . evitare lo stress (per quanto possibile); . eseguire attività fisica regolare; . abolire o ridurre il fumo. Se gli accorgimenti e le correzioni alimentari non aiutano a risolvere il disagio dei gas intestinali, una soluzione potrebbe consistere nei rimedi naturali. Il carbone vegetale è sicuramente uno dei migliori. Da non sottovalutare anche i benefici dati da tisane con estratti di piante carminative, che agiscono diminuendo il gonfiore addominale (finocchio, anice, cumino, ma anche melissa, mirto e camomilla). Tisana al finocchio, sì perché sgonfia la pancia, contrasta i processi di fermentazione e velocizza il processo di digestione, assicurando il massimo assorbimento dei nutrienti. Da provare sotto forma di tisana, decotto e infuso preparato con i suoi semi. Infuso all’anice, sì perché inibisce il processo fermentativo a livello intestinale, riduce la flatulenza e la nausea. Tisana al cumino, sì perchè vanta proprietà positive per i gas intestinali e la digestione: è un ottimo rimedio contro i crampi addominali e i gonfiori legati al meteorismo. Per una corretta digestione, è da provare sotto forma di tisana a fine pasto. Carbone vegetale, sì perchè il carbone vegetale ha proprietà assorbenti che lo rendono in grado di trattenere i gas intestinali; inoltre facilita l’eliminazione di batteri che provocano la fermentazione. In ogni caso, ricordati che il consulto del tuo medico di base è indispensabile.
Gas intestinali? Addio! content media
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